Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE MILANO - Sentenza 23 giugno 2015, n. 2797

Imposta comunale di pubblicità - Accertamento della superficie pubblicitaria tassata

 

Svolgimento del procedimento

 

I ricorsi venivano notificati sia al comune di Como, sia a I.C.A. s.r.l. e decisi dalla Commissione Tributaria Provinciale di Como con sentenza 10.06.2014. I giudici di prime cure dichiaravano il difetto di legittimazione passiva del comune di Como e respingevano comunque i ricorsi riuniti, condannando il ricorrente alle spese.

Appella F. C.:

1. contestando in tutte tre le vertenze l’estromissione del comune di Como, ma in particolare per quelle relative agli anni 2011 e 2012, quando I.C.A. non aveva ancora ricevuto la concessione;

2. censurando la sentenza là ove non si poneva il problema della verifica da parte della concessionaria della violazione; specie per gli anni 2011 e 2012, quando ancora la concessione era di là da venire;

3. osservando che comunque mancano in atti i verbali di verifica o ispezione, testimonianti i fatti, redatti dai funzionali comunali (per gli anni 2011 e 2012) o dagli esponenti di I.C.A. (per 2013), così come manca la contestazione preliminare al contribuente; trattasi di carenze tenute in nessun conto dalla Commissione Provinciale;

4. lamentando infine terrore di calcolo operato da I.C.A. della superficie pubblicitaria tassata e l’omessa motivazione sul punto del primo giudice.

Il comune di Como, a cui pure è stato notificato l’appello, si costituisce ribadendo il suo difetto di legittimazione passiva. I.C.A. si costituisce contestando nel merito il gravame e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

All’odierna pubblica udienza il contribuente e la concessionaria (in assenza dell’autorità comunale) concludono come in atti, riportandosi alle proprie argomentazioni. In particolare, il patrocinante della concessionaria esibisce una fotografia del predetto totem, presa da "google map", con indicazione dell’anno 2011 a riprova che quella pubblicità era colà presente anche prima di aver ricevuto la concessione comunale. L’appellante durante la discussione non contesta peraltro che la pubblicità dell’esercizio/bar D. fosse presente sul totem di v. A. sin dal 2011.

La causa viene oggi decisa in base ai seguenti.

 

Motivi della decisione

 

L’esclusione del comune di Como dalla vicenda, decretato dai giudici di primo grado, è corretta e sul punto l’appello di C.F. va respinto. L’autorità comunale, avendone il potere normativo e regolamentare, ha appaltato in data 24.01.2013 alla I.C.A. s.r.l. - società regolarmente iscritta nell’albo ministeriale di cui all’art. 53 D.L.vo 446/1997 - il servizio di accertamento e riscossione dell’imposta di pubblicità. Questa, ai sensi dell’art. 52 D.L.vo citato, ha assunto la potestà impositiva. Diventando l’unico soggetto con legittimazione passiva a resistere all’impugnazione dell’accertamento. Né potrà sostenersi che tale trasferimento dei poteri sia limitato agli esercizi successivi alla data di negoziazione. Sono elementari motivi di ragionevolezza ed è lo stesso atto concessorio che lo dicono. Se il comune di Como non ha ancora perduto il potere impositivo (ivi compresi i poteri di constatazione, accertamento, irrogazione sanzioni e esecuzione forzata) come sarebbe per esempio se fossero scaduti i termini, potrà sempre trasferirlo al concessionario. Lo dice anche l’art. 18 del capitolato allegato al contratto del 24 gennaio. Così come è la stessa, eventuale fase contenziosa ad essere trasferita in capo al concessionario (art. 27 capitolato).

La tesi della permanenza in capo all'autorità comunale della legittimazione passiva sulla base di una fotografia della porta degli uffici aperti al pubblico, con l’insegna del municipio affiancata al cartello di I.C.A., è infondata. Con quei due emblemi si rende noto al cittadino che li troverà personale in grado di dare risposte quanto all’imposta comunale di pubblicità; soltanto questo. Non ha certo intenzione di mettere in discussione l’atto di concessione, che ha la sua ragion d’essere nella volontà del concedente di affidare al concessionario (al costo dell’aggio) tutto il servizio relativo a tale tributo; con l’ovvia e conseguente eliminazione di ogni problema, fastidio, impegno. Altrimenti perché appaltare l’imposta?

La mancanza di verbali di accertamento da parte di funzionari del Comune per il biennio iniziale e di esponenti del concessionario per il terzo anno (motivo 3 dell’appello) non invalida sicuramente l’accertamento. Non è indicato in alcun modo che debba essere portato a conoscenza del contribuente l’atto formale in cui un funzionario comunale o un incaricato del concessionario si sono recati sul posto e hanno verificato l’esistenza del cartellone pubblicitario. Caso mai si dovrà approfondire se una constatazione sul posto dell’esistenza dell’insegna e dimensioni dell’insegna ci sia stata veramente per il biennio 11/12, visto che all’epoca I.C.A. non era ancora apparsa (motivo 2) e il comunque da anni non riusciva più a procedere in autonomia alle verifiche (ragion per cui alla fine ha appaltato - legittimamente - il servizio). La Commissione aveva effettivamente delle perplessità sul punto.

Se per il 2013 l’esistenza di quell’insegna, verbali a parte (che non sono obbligatori), è comprovata dalle fotografie allegate alla memoria di costituzione della resistente; per il biennio precedente chi effettuò le verifiche sul posto? C’è un atto in cui un funzionario comunale abbia costatato che sulle tre facce del totem di v. A. c’è il cartello del bar D.? Ma alle domande hanno risposto oggi le parti: l’appellata esibendo una foto tratta da Googl map del 2011 e la parte appellante ammettendo espressamente che le insegne dell’esercizio del C. sono li esposte da anni.

Piuttosto (e veniamo al motivo 4) il problema è la natura di tali insegne e più ancora le relative dimensioni. La legge (art. 2 bis L. n. 75/2002) esenta dall’imposta le insegne di esercizio delle attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono se non eccedono i 5 mq. e che abbiano la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell'attività economica. Il totem in questione si erge lungo la via A. e reclamizza, oltre al bar D., altri esercizi che aprono porte e vetrine nella corte adiacente allo scorrimento veicolare. Quindi, non è un’insegna di esercizio, bensì un cartellone pubblicitario ("rectius" cartelloni), soggetto all’imposta. Anche il cavalletto "qui pizza", la cui esistenza I.CA. ha verificato nel (solo) 2013, ha tale natura: non ha chiaramente la funzione di indicare il luogo, ma solo quella di propagandare ciò che all’interno si offre.

Il manufatto, quindi, è soggetto a tributo. Anche sotto tali profili l’appello è infondato.

Resta la quantificazione della superficie su cui calcolare il tributo. I.C.A. ha stimato 6 mq, ritenendo che ciascuno dei tre cartelloni abbia la superficie di 1.550 m2, arrotondati a 2 metri. L’appellante propone misure diverse ed inferiori: mq. 1.428 (mt 3,40 lunghezza, mt 0.42 altezza) per tre; arrotondati a 4 mq. Ora, la Commissione ritiene che la prova delle dimensioni non possa che essere data dall’ente impositore e quindi (per concessione) dal concessionario; cosa del resto che sarebbe estremamente facile. In atti tale prova non c’è. Di più: da un lato l’appellante osserva che queste sono le misure da lui stesso indicate quando ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione al Comune; dall’altro la stessa Commissione, con una visione approssimativa delle foto in atti, ritiene che non si tratti certo di 1,550 mq X 3 e che lunghezza e altezza di ciascun cartellone sia inferiore.

Sul punto 4 l’appello è di conseguenza fondato.

L’accoglimento parziale del gravame e quindi la relativa fondatezza del ricorso introduttivo, induce la Commissione ad ordinare la compensazione delle spese, estendendola anche al giudizio di primo grado.

 

P.Q.M.

 

Accoglie in parte l'appello, determinando la superficie tassabile dei cartelloni apparsi sul totem in 4 mq; conferma nel resto la sentenza impugnata. Compensa le spese per entrambi i gradi del giudizio.