Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 aprile 2015, n. 8286

Rapporto di lavoro - Contratti di fornitura di lavoro a tempo determinato - Collegato lavoro - Indennità a forfait anche per i lavoratori interinali

 

Svolgimento del processo

 

1. Con ricorso depositato in data 9.2.2006, S.C. ha chiesto al Tribunale di Palermo di dichiarare che la T. s.p.a., poi divenuta T.I. S.p.A. ha fatto ricorso alla fornitura temporanea di prestatori di lavoro dipendenti violando ed eludendo le disposizioni di cui all'art. 1 della legge 196/97, e quindi che, ai sensi dell'art. 10 della stessa legge, si applica la legge n. 1369 del 1960; ha chiesto inoltre di accertare e dichiarare che i contratti di fornitura di lavoro a tempo determinato con la ricorrente e le proroghe dello stesso hanno violato ed eluso quanto previsto dall’art. 3 della legge 196/1997, nonché quanto previsto dall'art. 18 CCNL 18. 5.1998 per i lavoratori temporanei e quindi che, ai sensi dell'art. 10 della stessa legge in relazione ai rapporti lavorativi con la ricorrente, si applicava la legge n. 1369 del 23.10.1960; ritenere e dichiarare che il rapporto di lavoro intercorso tra la ricorrente e l'impresa utilizzatrice T. s.p.a. era stato fin dall'inizio - e quindi dal 23.4.2001 - un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; accertare e dichiarare che la risoluzione dei rapporto di lavoro con la ricorrente operata dalla T. s.p.a. era illegittima, invalida e comunque inefficace; condannare la T. s.p.a. alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro con le pronunce consequenziali.

Si costituiva ritualmente in giudizio la T.I. S.p.A. (società nella quale era stata incorporata la T. S,p.A.), contestando quanto sostenuto dalla ricorrente e insistendo per il rigetto del ricorso.

All'esito dell'attività istruttoria, il tribunale rigettava integralmente le domande avanzate dalla sig.ra S.C. con sentenza n. 2512/09. emessa in data 17072009 e depositata in data 3 1.08.2009, con compensazione delle spese di lite.

2. Avverso la sentenza del Tribunale di Palermo proponeva ricorso in appello la sig.ra S.C.

Nel giudizio d'appello si costituiva ritualmente in giudizio T.I. S.p.A. chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma integrale della sentenza impugnata.

La Corte d'Appello di Palermo con sentenza del 1.3.2012, in riforma della sentenza appellata, dichiarava che tra C.S. e T.I. s.p.a. era intercorso, a decorrere dal 12.2.2001, un rapporto di lavoro subordinato e condannava, per l'effetto, la T.I. s.p.a. al ripristino di dello rapporto nonché al pagamento delle retribuzioni a decorrere dalla data di notifica della richiesta del tentativo di conciliazione sino all'effettiva riassunzione; dichiarava interamente compensate le spese dei due gradi del giudizio.

3. Avverso questa decisione la T.I. S.p.A ricorre in cassazione.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. II ricorso è articolato in quattro motivi.

Con i primi due motivi la società ricorrente deduce che sussistevano le ragioni di carattere temporaneo idonee a consentire l'instaurazione del rapporto di lavoro interinale; lamenta la violazione del regime sanzionatorio previsto dall'art. 10 della legge n. 196 del 1997; sostiene che la conversione del rapporto di lavoro interinale in rapporto a tempo indeterminato si ha soltanto nel caso di mancanza di forma scritta (secondo comma dell'art. 10 cit.) ma non anche in caso di violazione del primo comma del medesimo art. 10.

Con il terzo motivo la società ricorrente invoca l'applicazione anche al lavoro temporaneo dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge n. 183 del 2010 sulla compensazione indennitaria del danno risarcibile.

Con il quarto motivo la ricorrente lamenta che la Corte d'appello non ha tenuto conto della retribuzione percepita dalla dipendente che, dopo la cessazione del rapporto di lavoro interinale, aveva trovato altro impiego retribuito.

2. I primi due motivi del ricorso sono infondati come già ritenuto da questa Corte in vicenda analoga (Cass., sez. lav., 17 gennaio 2013, n. 1148).

La norma di riferimento è la L. n. 196 del 1997, art. 1, comma 2, che consente il contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo nelle seguenti ipotesi: "a) nei casi previsti dai ccnl della categoria di appartenenza della impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi; b) nei casi di temporanea utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali; c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4" (che prevede le situazioni in cui è vietata la fornitura di lavoro temporaneo).

Nella specie il contratto di lavoro temporaneo non specifica la causale all'interno delle categorie consentite dalla legge. La genericità della causale rende il contratto illegittimo, per violazione della L. n. 196 del 1997, art. 1, commi 1 e 2, che consente la stipulazione solo per le esigenze di carattere temporaneo rientranti nelle categorie specificate nel comma 2, esigenze che il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, né può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa.

L'illegittimità del contratto di lavoro temporaneo comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro, e quindi l'instaurazione del rapporto di lavoro con il fruitore della prestazione, cioè con il datore di lavoro effettivo. Infatti, l'art. 10, comma 1, collega alle violazioni delle disposizioni di cui all'art. 1, commi 2, 3, 4 e 5 (cioè violazioni di legge concernenti proprio il contratto commerciale di fornitura), le conseguenze previste dalla L. n. 1369 del 1960, consistenti nel fatto che "i prestatori di lavoro sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni" (cfr. Cass. 23 novembre 2010 n. 23684; Cass. 24 giugno 2011 n. 13960; Cass, 5 luglio 2011 n. 14714),

Quando il contratto di lavoro che accompagna il contratto di fornitura è a tempo determinato, alla conversione soggettiva del rapporto, si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, o dalle discipline previgenti, a cominciare dalla forma scritta, che ineluttabilmente in tale contesto manca con riferimento al rapporto tra impresa utilizzatrice e lavoratore (sul punto, v. anche: Cass. n. 1148 del 2013, cit). L’effetto finale in questi casi è la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, c il lavoratore.

3. Il terzo motivo è, invece, fondato, dovendosi dare continuità all'indirizzo giurisprudenziale, espresso da Cass. n. 1148/13 cit. e da Cass., sez. lav., 29 maggio 2013, n. 13404, che ha ritenuto applicabile l'indennità prevista dall'art. 32 co. 5° legge n. 183/10 (nel significato chiarito dal comma 13° dell'art. 1 legge n. 92/12) a qualsiasi ipotesi di ricostituzione del rapporto di lavoro avente in origine un termine illegittimo e, dunque, anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore a causa della nullità di un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo determinato, ai sensi della lett. a) del co. 10 dell’art. 3 legge n. 196/97, contratto convertito in uno a tempo indeterminato tra lavoratore e utilizzatore della prestazione.

A tal fine rileva, in primo luogo, l’evidente analogia tra il lavoro temporaneo di cui alla legge n. 196/97 e la somministrazione di lavoro ex artt. 20 e ss. del d.lg.s n. 276/03.

In secondo, deve tenersi presente che, trattandosi di negozi collegati, la nullità del contratto fra somministratore ed utilizzatore travolge anche quello fra lavoratore e somministratore, con l'effetto finale di produrre una duplice conversione, sul piano soggettivo (ex art. 21 ult. co. d.lgs. n. 276/03 il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore e non più del somministratore) e su quello oggettivo (atteso che quello che con il somministratore era sorto come contratto di lavoro a tempo determinato diventa un contratto di lavoro a tempo indeterminato con l'utilizzatore).

Ma fino a quando la sentenza non accerti tale conversione, il rapporto fra utilizzatore e lavoratore finché si è protratto de facto ha avuto caratteristiche analoghe a quelle d'un rapporto a termine, di guisa che nulla preclude il ricorso alla sanzione meramente indennitaria prevista dall'art. 32 co. so cit., anche perché essa è destinata - grazie all’ampia formula adoperata dal legislatore - ai "casi di conversione del contratto a tempo determinato".

4. Il quarto motivo è conseguentemente assorbito dall'accoglimento del terzo motivo.

5. In conclusione, vanno rigettati i primi due motivi di ricorso mentre, assorbito il quarto motivo, va accolto il terzo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Messina che farà applicazione del seguente principio di diritto: "L'indennità prevista dall'art. 32 legge n. 183/2010 trova applicazione ogni qual volta vi sia un contratto di lavoro a tempo determinato per il quale operi la conversione in contratto a tempo indeterminato e, dunque, anche in caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto dal giudice l'accertamento della nullità di un contratto di lavoro temporaneo convertito in un contratto a tempo indeterminato.".

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso quanto al terzo motivo, rigettati i primi due ed assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Messina.