Giurisprudenza - TRIBUNALE DI BRESCIA - Ordinanza 14 aprile 2015, n. 2968

Stranieri - Permesso di soggiorno CE di lungo periodo - ANF - Indebita percezione - Insussistenza

 

Osserva

 

1. Con ricorso depositato ai sensi degli artt. 28 D. Lgs. 150/2011 e 44 T.U. immigrazione, M. S., H. F., L. K. S., K. R., W. D. J. C. e F. M. deducevano: a) di essere tutti residenti in Italia e titolari di permesso di soggiorno Ce di lungo periodo; b) di essere dipendenti di Iveco s.p.a.; c) che l’Inps aveva loro contestato l’indebita percezione di somme erogate a titolo di assegno per il nucleo familiare, e ciò per i periodi di assenza dall’Italia dei loro familiari; c) che a decorrere da febbraio 2014 Iveco stava trattenendo mensilmente 1/5 della loro retribuzione sino ad estinzione del debito. I ricorrenti chiedevano quindi: a) di accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’Inps consistente nell’aver negato il loro diritto all’assegno per il nucleo familiare per i periodi indicati nel verbale di accertamento e nell’avere avviato la procedura di recupero dei corrispondenti importi; b) di accertare e dichiarare il loro diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare anche nei periodi indicati nei citati verbali e comunque alle medesime condizioni alle quali detto assegno viene riconosciuto ai cittadini italiani, dichiarando quindi l’insussistenza dell’indebito contestato; c) di ordinare all’Inps di cessare la condotta discriminatoria; d) di condannare Inps e/o Iveco in solido o in via disgiuntiva per la quota di rispettiva competenza a restituire le somme trattenute in esecuzione dei verbali; e) di ordinare all’Inps di pubblicare l’ordinanza sul suo sito internet nella pagina relativa agli assegni familiari, nonché di emanare direttive ai suoi uffici per chiarire che il regime dell’assegno per il nucleo familiare agli stranieri lungosoggiornanti, con riferimento ai familiari residenti all’estero, deve essere il medesimo regime applicato agli italiani.

2. Si costituiva l’Inps rilevando che: a) l’azione amministrativa impugnata non era censurabile con l’azione di cui all’art. 28 D. Lgs. 150/2011perché posta in essere sulla base di presupposti normativi relativi alla ratio dell’istituto di sicurezza sociale di sostegno al reddito rappresentato dall’ANF per finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari e comunque senza alcun carattere di tipo discriminatorio né diretto né indiretto; b) il giudice ordinario non aveva il potere di pronunciare una sentenza di condanna della P.A. ad un facere specifico; c) la legittimazione passiva, quanto alla domanda di restituzione, spettava unicamente al datore di lavoro che aveva materialmente erogato e poi trattenuto le somme in restituzione; d) era pacifico che i familiari dei ricorrenti non fossero presenti in Italia per i periodi nei quali era stata chiesta la restituzione di quanto versato a titolo di assegno per il nucleo familiare e, quindi, i ricorrenti non avevano per tali periodi diritto a percepire il citato assegno in forza di quanto disposto dall’art. 2 co. 6 legge n. 153/1988, a norma del quale "non fanno parte del nucleo familiare il coniuge, i figli e i figli equiparati del cittadino straniero che non risiedono in territorio italiano." (mentre invece tale restrizione non è prevista per i cittadini italiani). L’Istituto chiedeva, quindi di dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per insussistenza dei presupposti di esercizio dell’azione ai sensi dell’art.. 28 D. Lgs. 150/2011 nonché per violazione delle disposizioni di cui all’art. 2 legge 20 marzo 1865 n. 2248 All. E e, relativamente alla domanda di condanna alla restituzione somme, altresì, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’Inps nonché, nel merito, rigettare comunque integralmente il ricorso.

3. Si costituiva anche l’Iveco chiedendo di dichiarare la sua carenza di legittimazione passiva o, in subordinare, di rigettare il ricorso nei suoi confronti o, in caso di accoglimento, di accertare il suo diritto a conguagliare gli importi da eventualmente pagare ai ricorrenti con i contributi dovuti all’Inps.

4. Così ricostruite le posizioni delle parti, ritiene il Tribunale che il ricorso vada accolto nei termini che seguono.

4.1. Preliminarmente, sussiste il presupposto per l’utilizzo dello strumento processuale invocato ai sensi del combinato disposto degli artt. 28 D. Lgs. 150/2011 e 44 T.U. immigrazione, costituito dalla sussistenza di un comportamento "discriminatorio per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Ed invero, l’asserita discriminazione deriva dall’avere l’Inps chiesto la restituzione di quanto erogato invocando una restrizione prevista dalla legge n. 153/1988 solo nei confronti degli stranieri e non dei cittadini italiani (prevedendo la citata legge, ai fini dell’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare, il requisito della residenza in Italia solo per i familiari dei cittadini stranieri e non per i familiari dei cittadini italiani).

4.2. Sempre in via preliminare, va disattesa l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, posto che si discute del diritto soggettivo assoluto a non essere discriminati (NOTA 1).

4.3. Del pari, deve essere rigettata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva, posto che, da una parte, l’Inps ha accertato le condizioni per l'erogazione dell’assegno oggetto di causa e, dall’altra, Iveco l’ha concretamente erogato.

4.4. Venendo al merito, è pacifico che la richiesta di restituzione di quanto percepito a titolo di assegno per il nucleo familiare si fonda sulla mancanza, per i periodi d’interesse, del requisito della residenza in Italia dei familiari dei ricorrenti - tutti residenti e titolari di permesso di soggiorno CE di lungo periodo - requisito che la legge n. 153 del 1988 richiede solo per i cittadini stranieri e non per i cittadini italiani.

Ciò posto, ritiene il Tribunale che, così come denunciato dai ricorrenti, tale legge violi, nella parte in cui riserva un diverso trattamento ai cittadini italiani da una parte ed agli stranieri lungo-soggiornanti dall’altra, quanto disposto dall’art. 11 co. 1 e 4 della direttiva 2003/109/CE a norma del quale "il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento del cittadino nazionale per quanto riguarda (...) le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione sociale (...) Gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali." È vero che la Direttiva è stata recepita dal legislatore italiano con l’art. 7 D. Lgs. 3/2007, che ha sostituito l’art. 9 D. Lgs. 286/1998, stabilendo, al co. 12 lett. c), che il lungo-soggiornante può "usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale (...), salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale". Tuttavia, lo Stato Italiano non si è avvalso di tale facoltà di deroga, che non può ravvisarsi nella stessa formulazione letterale dell’art. 2 co. 6 legge n. 153/1988 in quanto, per avvalersi della facoltà di cui alla direttiva, lo Stato avrebbe dovuto operare una scelta espressa, come tale successiva e non antecedente alla direttiva ed al suo recepimento (cfr. Corte di Giustizia, sent. n. 24 aprile 2012 C-571/10 Kamberaj). Ne consegue la necessaria disapplicazione (NOTA 2), per contrasto con la direttiva 2003/109/CE, dell’art. 2 co. 6 legge n. 153/1988 nella parte in cui subordina, a differenza di quanto previsto per i cittadini italiani, il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare agli stranieri lungo-soggiornanti al requisito della residenza in Italia dei loro familiari. Da ciò consegue, ulteriormente, la necessità di disapplicare le determinazioni dell’Inps adottate in ossequio alla citata normativa. Le considerazioni che precedono, pertanto, portano ad accertare il diritto dei ricorrenti all’assegno per il nucleo familiare anche per i periodi in relazione ai quali è stato negato, con la conseguente obbligazione delle parti convenute a fare quanto di propria competenza per il riconoscimento e l'erogazione dello stesso.

Va anche accertata la natura discriminatoria della condotta tenuta dall’Inps nel rifiutare il beneficio nei confronti dei ricorrenti, proprio perché fondata, così come previsto dall’art. 2 co. 6 legge n. 153/1988, sulla loro qualità di stranieri e non di cittadini italiani. Non rileva l’assenza in capo all’Istituto di dolo o colpa nel negare l’assegno, dovendosi valutare la discriminazione, ai fini dell’art. 44 D. Lgs. 286/1998, oggettivamente e rilevando il dolo e la colpa solo ai fini di eventuali richieste di risarcimento del danno (non proposte in questa sede). D’altronde, il comportamento della pubblica amministrazione può ben essere conforme alla legge e, ciononostante, illegittimo ai sensi dell’art. 44 T.U. immigrazione ove si prospetti, come nella specie, la necessità di disapplicare la legge per contrasto con il diritto comunitario.

A tale accertamento consegue l'obbligo dell’Inps di cessare da qualunque comportamento ancora esistente in tal senso e, nello specifico, di dare adeguata pubblicità alla presente decisione con la pubblicazione sul suo sito internet.

Non può, invece, accogliersi la domanda di condanna dell’Inps ad emanare direttive ai suoi uffici per chiarire che il regime dell’assegno per il nucleo familiare agli stranieri lungo-soggiornanti, con riferimento ai familiari residenti all’estero, deve essere il medesimo regime applicato agli italiani. Trattasi, infatti, di pronuncia che andrebbe indebitamente ad incidere su fatti e diritti estranei a quelli oggetto del presente giudizio e specificamente azionati dai ricorrenti.

5. La complessità delle questioni affrontate e della normativa di riferimento giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

 

P.Q.M.

 

1) Accerta il carattere discriminatorio della condotta dall’INPS consistente nell'aver negato ai ricorrenti, stranieri soggiornanti di lungo periodo e con residenza in Italia, l’assegno per il nucleo familiare in relazione ai periodi indicati nel verbale di accertamento n. 000371122/DDL e nell’aver avviato la procedura di recupero dei corrispondenti importi;

2) Accerta il diritto dei ricorrenti a percepire l’assegno per il nucleo familiare anche nei periodi indicati nel verbale di accertamento, dichiarando di conseguenza l’insussistenza dell’indebito prospettato dall’Inps;

3) Condanna l’Inps ed Iveco s.p.a., secondo le rispettive competenze, a restituire ai ricorrenti le somme trattenute in esecuzione del verbale di accertamento, e quindi euro 5.926,04 a Mohammed Shajhahan, euro 950,09 a Hussain Fida, euro 1.389,03 a Lekhon Km Shahadat, euro 2.196,04 a Khan Rakib, euro 11.273,27 a Wanadura Dewaylage Janaka Chaminda ed euro 2.021,03 a Farooq Mohammad;

4) dichiara il diritto di Iveco s.p.a. di conguagliare con i contributi dovuti all’Inps gli importi corrisposti ai ricorrenti in forza della presente ordinanza;

5) ordina all'INPS di dare adeguata pubblicità al presente provvedimento mediante pubblicazione sul suo sito internet;

6) rigetta ogni altra domanda ed eccezione delle parti;

7) compensa fra le parti le spese di causa.

Si comunichi.

 

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Note:

1) Cfr. Cass., Sez. U., sent. n. 3670 del 15 febbraio 2011, RV 616573: "L'azione proposta in relazione alla denunziata natura ritorsiva del provvedimento con cui un Comune - dopo l'istituzione di un c.d. "bonus bebè" riservato a famiglie con almeno un genitore italiano, ed a seguito di ordine giudiziale di estenzione del beneficio anche alle famiglie composte da genitori stranieri - aveva, viceversa, deliberato di revocarlo per tutte le famiglie, sia italiane che straniere, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, sia nella fase cautelare rivolta all'ottenimento di un provvedimento anticipatorio urgente, sia nella successiva fase della cognizione piena, così come previsto nell'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, in considerazione del quadro normativo costituzionale (art. 3 Cost.), sovranazionale (Direttiva 2000/43/CE) ed interno (art. 3 e 4 del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215 nonché l'art. 44 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) di riferimento, che configura il diritto a non essere discriminati come un diritto soggettivo assoluto; né la giurisdizione può essere negata ai sensi degli artt. 4 e 5 del r.d. n. 2248 del 1865 all. E, in quanto il giudice ordinario è tenuto alla disapplicazione incidentale del provvedimento emesso in violazione del principio di parità ai fini della tutela dei diritti soggettivi controversi, pur non interferendo nella potestà della P.A.."

2) Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 20 ottobre 2011 nel procedimento C-396/09: "Si deve a tal proposito sottolineare che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme del diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione nazionale contrastante, ossia, nel caso di specie, la norma nazionale di procedura di cui trattasi nella causa principale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale".